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I Romani

I Romani

La presenza romana è ben attestata dal cippo di travertino di Spurio Cerinto e Cocceia, di cui abbiamo fatto cenno. I numerosi toponimi prediali esistenti nella zona ci dicono che gran parte del territorio fu messo a coltura, dai campi del piano ( Maiano, Quarata ) fino alle vette boscose dei poggi ( Molciano, Vicinano ). Nel bel mezzo, Ciggiano, che con questo nome latino si presenta definitivamente nell’agone della storia.

Il materiale ceramico trovato dal Gallorini e da chi scrive negli orti sotto le mura castellane e nei terreni olivati sotto la casa del dott. Galante per la via della Colombaia ( perlustrazione del 27 Luglio 2004 ) attesta che già nel I secolo dopo Cristo un consistente insediamento, un vicus, esisteva nella cima del colle.

Anche nelle pendici verso l’Esse, in località Campochino, abbiamo recuperato reperti fittili dell’epoca imperiale tra la coltratura delle vigne. In questa zona rimane anche negli il vocabolo Vicchio, che documenta il piccolo nucleo abitativo ( viculus ), lungo la via senese. Altro materiale ceramico proviene dalla parte alta del colle di Ciggiano, lungo la via dei Lecci, nella località Cascinella, come già detto. Si tratta di frammenti di mattoni, tegole e orci, di buona fattura e pregevole impasto, assegnabili all’inizio dell’impero. Più avanti rimane il prediale centilizio Molciano ( Fonte di Molciano ), nei cui pressi sorse la Chiesa si S.Pietro e S.Caterina, da cui proviene la lapide di Spurio Cerinto.

La nascita di Ciggiano romana è stata certamente favorita dalla fondazione della colonia di Siena, avvenuta al tempo di Giulio Cesare ( Saena Iulia, I sec.a.C. ).

L’antica via del sale e dei metalli divenne anche un magnifico raccordo tra Arezzo e Siena; i romani, secondo un uso ormai loro consueto, resero il percorso per quanto possibile rettilineo, lo selciarono, lo corredarono di ponti e lo provvidero di “stazioni”. Ciggiano si trova in posizione strategica. Siamo a 18 Km ( XII miglia romane ) da Arezzo e prossimi ad iniziare il faticoso valico di Palazzuolo: un luogo di sosta qui appariva quanto mai opportuno. D’altra parte, non è mai esistita nella vecchia via senese un’altra località che avesse un insediamento così consistente come questo.

In tarda età imperiale ( IV se. d.C. ), con il progressivo declinare della città di Arezzo e l’ascesa della colonia romana di Firenze, la viabilità verso nord si spostò dal centro della Valdichiana sempre più verso Ciggiano e la Valdambra, come segnala la Tabula Peutingeriana. Tutto questo portò certamente ad un ulteriore sviluppo della valle dell’Esse, dove troviamo la stazione di Ioglandem e successivamente alcune importanti pievi paleocristiane. La via traversa fiorentina era una strada che proveniva direttamente da Roma. Insieme al traffico commerciale, sempre più frequentemente si assiste al transito degli eserciti.

 

Tabula Peutingeriana

La Tabula Peutingeriana, nel tratto Chiusi (Clusio) – Arezzo (Adretio) – fiume Ambra
(Umbro Flumen) La stazione ad ioglandem era nella valle dell’Esse, tra Verniana e Ciggiano.

 

I “ barbari “ premono alle frontiere e iniziano a scendere in Italia, fino a minacciare la capitale stessa. Le legioni romane si servono della strada dell’Esse per portarsi rapidamente a nord in difesa dei confini; e di certo lo stesso asse viario sarà servito a molte orde barbariche per fare il cammino inverso. A questo riguardo sono utili due osservazioni. Molti studiosi pensano che la Tabula Peutingeriana sia una carta militare; i percorsi segnati dunque erano quelli seguiti dagli eserciti. Inoltre, proprio nei pressi della strada romana dell’Esse, sotto Monte San Savino, troviamo il toponimo Barbaiano,legato alla presenza di elementi barbarici. Non è un caso trovare un insediamento germanico lungo questa importante via militare.

Nel 410 Alarico, re dei Visigoti, riuscì ad espugnare Roma e la mise orrendamente a sacco. A molti sembrò la fine del mondo. La città “eterna” pareva destinata a scomparire.

In realtà stava tramontando un’epoca e ne stava sorgendo un’altra, come profeticamente scrisse S.Agostino, testimone do quel drammatico periodo. Nello sfacelo dell’impero egli vedeva la punizione dell’orgoglio umano e l’inizio di una nuova società, che doveva fondarsi sul senso di giustizia e di fratellanza, per la fede nell’unico Dio, Padre di tutti.


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